In instabili barche viviamo relazioni.
Instancabilmente ci barcameniamo tra volere e volare.
Mani sapienti, o almeno coscienti, creano diligentemente ogni piega. Con calma e dedizione ho cercato di costruire un’origami perfetto, che potesse non solo galleggiare, ma solcare anche le onde più alte. Ma quella barca continua a rompersi. Troppe volte. Ho in tasca lo scotch. Rattoppo e aggiusto. Ma il peso aumenta.
Mi chiesi quanto tempo (o quanto scotch) avrò ancora a disposizione prima che inizi ad imbarcare acqua. Ho sostituito le zavorre con pensieri dello stesso peso. Ho gettato in mare il superfluo. Anche l’ancora, consapevole di non potermi fermare al largo, ma dovevo trovare il modo per continuare a muovermi lungo il mare. Allora ho aumentato la portanza della vela. Ma compresi che l’aumento della velocità ne aumentava il rischio di capovolgimento.
E allora mi sedetti a prua pensando a quel volere e volare.
Forse avrei dovuto creare un origami diverso.
Forse avrei dovuto creare un’aeroplanino di carta.