Le mie passeggiate in spiaggia erano pressocché infinite. Camminando a testa bassa, osservando ciò che il mare d’inverno riportava sulla sabbia. Un pezzo di vetro, una conchiglia particolare, un cimelio disperso, un senso al mio camminare, una risposta ad un’ennesima domanda, mentre i miei passi pesanti lasciavano orme quasi indelebili.
Ascoltavo le onde ma non vedevo il mare. Dinnanzi a me solo quell’infinita distesa di granelli che sembravano muoversi in ologrammi quantici, per creare figure inesistenti all’apparenza ma vive e presenti nella mia mente.
Il moto continuo del sole nei giorni era come esser esposti ad una lampadina oscillante nel buio. Quell’andare avanti e indietro fino alle ore crepuscolari mi mostrava le ombre distendersi e allungarsi nello spazio fino a dissolversi. Un’altra oscillazione. Le ombre ricomparivano, le vedevo rimpicciolirsi nel loro cammino verso la perpendicolarità mentre tornavano in me.
“E fu sera e fu mattina” mi ricordò che oltre la terra venne creato il cielo.
Alzai lo sguardo e vidi quanta meraviglia ci fosse al di là dell’orizzonte dove il nulla era visibile.