Sono sempre stato affascinato dall’arte del kintsugi. Di come tutto si può trasformare in una nuova trama da raccontare.

La trasformazione dell’imperfezione al di là dell’accettazione della stessa. “Nulla dura, nulla è finito, nulla è perfetto”. Siamo esseri fragili, vulnerabili, frangibili come tazze tenmoku. A volte basta una distrazione per farci cadere e ridurci in segmenti di linedipensiero dagli angoli duri e taglienti.

Ceramisti di noi stessi, ceramisti della vita, raccogliamo i cocci per cucirli insieme ricoprendo le crepe con polvere d’oro. Siamo felici nell’osservare come siamo riusciti a rendere bella la nostra imperfezione. Quelle lineedipensiero di un giallo brillante, raccontano di noi, del nostro vissuto. Alcuni le chiamano cicatrici, altri ferite…io le chiamo esperienze. Ricordano a noi stessi la casualità della caduta. Ricordano a noi la nascita a vita nuova in una trasmutazione delle nostre fragilità.

Abbagliati dallo scintillare, crediamo nella forza e bellezza che abbiamo acquisito, fino a dimenticarci che siamo pur sempre una tazza da te. Potremmo cadere, frammentarci in pezzi sempre più piccoli e nuovamente ritrovarci ad incollare i pezzi.

Avrò abbastanza oro per coprire tutte le fessure?