Sono stato sempre convinto di una cosa nella vita quando si parla del “dare”. Convinto che si debba fare in modo imprescindibile dai fattori esterni, dalla temperatura del cuore o dai venti altrui. Il vero “dare” prescinde da regole, schemi, strutture e logiche che concernono la sfera dell’altro.
Quando si decide di dare lo si deve fare in modo totalmente arbitrario senza nulla doversi aspettare altrimenti diviene semplice soddisfazione del proprio ego-ismo.
Vivere l’eco del dare come eco della voce tra i monti dona sicuramente una soddisfazione immediata. Ma pensare che la voce vada oltre le vette, si espandi nell’aria, al di là delle nuvole e oltre, è il piacere più grande.
Tante volte ci si ritrova in bilico dei pensieri nella scalata verso la consapevolezza. E in quel frastuono cerchi di comprendere cosa sia quel “dare”. Lo zaino è pieno di cose. Non serve tenerle tutte. Regalare un sorriso, una parola di conforto, una piccola attenzione, lo renderà meno pesante sulle spalle e la salita sarà più leggera.
Finché perdi di vista te stesso, inciampi in un sasso e ti chiedi “chi mi darà una mano” a rialzarmi?
Apri lo zaino. Prendi il bastone. Ti dai una mano.
Ma riusciremo sempre a ricordarci di dare a noi stessi?