Da piccolo la mia estate profumava di quel legno intriso di salsedine. All’interno di un metro quadrato c’era tutto ciò che occorreva per passare in quel luogo intere giornate.
La mattina si arrivava molto presto, ancora quasi dormienti, avvolti nella frescura di un’alba inoltrata. Scendere lungo la strada che portava alla spiaggia era come immergersi in una bolla sensoriale dove tutto prendeva velocemente vita. Il magenta del bouganville danzante sotto la brezza estiva si stagliava in contrapposizione con il cielo. Il mare era ancora calmo a quell’ora. Le correnti erano pacate e quiete come i pensieri da adolescente. Sapevo già che di lì a poco tutto sarebbe cambiato.
Attraversato il piccolo arco, ecco il suono dei passi sulla passerella armonizzarsi con il cigolio delle assi flettenti. Gli occhi prendevano vita in sincronia con il sogno di una nuova giornata felice. Era quasi tutto pronto per la magia. Bastava solo aprire il lucchetto, prendere il secchiello rosso ed eccoci pronti per una nuova storia da raccontare e un nuovo ricordo da scrivere mentre da lontano il jukebox suonava Edoardo Vianello creando un continuum con il viaggio in auto.
I pranzi veloci e poi… la sera dove si preparava una cena di condivisione con chi rimaneva lì fino a tarda ora. Ognuno faceva la sua parte e ognuno era parte di quel serpentone fatto di tavolini pieghevoli con la dama stampata sopra, mentre la luce fioca dei lumini a gas illuminava lo spazio circostante, la luna creava i suoi disegni nei riflessi e il mare si faceva nuovamente calmo. Quelle giornate apparentemente infinite erano rapide nel volgere al termine proporzionalmente alla bellezza vissuta.
Adesso si è fatto tardi. Tutto viene riposto. Si chiude il lucchetto. È ora di tornare a casa.
All’interno di quel metro quadrato la persistenza della memoria.
All’interno di un metro quadrato c’era tutto l’amore che occorreva.