In quel tempo passai più volte dinnanzi a quella serie di tasselli in precario equilibrio, che creavano un percorso fino a un palco.
Una serie di eventi, sincronizzati in modo maniacale nella loro sequenzialità, innescarono la caduta del primo tassello che il giorno prima avevo visto vacillare credendo fosse un’illusione. Erano passaggi chiari, ludici e quasi prevedibili se non fosse stato per la falsa prospettiva.
Ed ecco l’ultimo tassello cadere, alzare il sipario e scoprire sul palco un cubo di metallo. Mi avvicinai e vidi che non vi erano numeri ma lettere intorno alla manopola. Non sapevo esattamente cosa ci potesse essere dentro, né quale fosse la combinazione per scoprirlo. Ma la curiosità e la tentazione di svelarne il contenuto non potevano che affollare la mia mente.
Girai lentamente la manopola fermandomi sulle lettere che pensavo potessero aprire quello spazio interiore. Provai “V . A . G . O” ma non funzionò. Provai con “N . U . B . I” ma anche questa combinazione non andò a buon fine. Ma intuii che fosse tra la terra e il cielo la possibilità di sbloccare quella serratura.
Ecco il clic che aspettavo alla combinazione “N . U . B . I . V . A . G . O”.
Quella parola fu un monito ad abbandonare la vita da errabondo trasvolando tra le nuvole.
All’interno un solo bigliettino…
E poi “puff”.
Le nubi si diradarono e iniziai a camminare ascoltando i sassi sotto i piedi.
