Lineadipensiero infreddolita
infreddolita

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Quella sera faceva freddo.

Un freddo che non si limitava alla pelle, ma entrava in profondità, insinuandosi tra le trame dei vestiti e quelle dei pensieri. Non c’era lana, né gesto, né respiro che potesse arginarlo. Era un freddo che riconobbi, di quelli che sembrano ricordarti che sei vivo solo perché ti fanno sentire fragile. Ogni folata era un richiamo, un invito silenzioso a restare desto, come se l’aria stessa volesse raccontarmi qualcosa che ancora non sapevo ascoltare.

Restai sull’uscio, con le mani affondate nelle tasche, in bilico tra il dentro e il fuori. Dietro di me, la casa respirava piano, un calore tiepido che mi tratteneva; di fronte, la notte, vasta e immobile, pronta ad accogliermi o a respingermi. Non l’avrei saputo dire.

Poi, da qualche parte, un suono lieve.
Il primo cinguettio.

E un altro, poco dopo, a rispondergli, incrinando quel buio che cominciava a perdere compattezza. L’orizzonte, impercettibilmente, cambiava respiro, e il cielo, ancora esitante, si tingeva di sfumature incerte. La luce cresceva come un pensiero che finalmente trovava le parole.

Quant’era bello il mondo, visto alla luce dell’alba.

C’era, in quella fragile rinascita, qualcosa di puro, quasi doloroso: ogni colore sembrava dire «ricomincia». E io restavo lì, spettatore di un miracolo discreto, con il cuore che, piano piano, si scaldava di un tepore che non veniva dal corpo, ma dal riconoscere, ancora una volta, che la vita sa rifiorire anche nel gelo.

Iniziai a tremare.

Non solo per il freddo, ma per la consapevolezza che la vita, a volte, vive di libero arbitrio. Ci sono cose che sfuggono, che si muovono a un ritmo proprio, che non si piegano alla volontà. E io, in quell’istante sospeso tra la notte e il giorno, capii che restare sull’uscio non era indecisione, ma ascolto. Era un modo per dire al mondo: «Io sono qui, e ci sarò quando la luce tornerà del tutto».

Non puoi controllare tutto nella vita.
Ma puoi scegliere dove stare.
Allora scelsi.

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Lineadipensiero è un diario iniziato nel 2012 con l’unico scopo di provare a liberare la mia creatività attraverso i testi.  Sono semplici storie di introspezione, fantasia, immaginazione di un vecchio bruto, brutto e barbuto innamorato dell’arte metafisica, astratta e contemporanea.
Mi piace giocare con le parole come fossero dei colori; accostamenti, distonie, armonizzazioni volte a creare un quadro tra la realtà e l’astrazione della stessa