Seduto sotto il fico, attesi pazientemente che i frutti fossero maturi.
Alcuni giorni passavano lenti come goccia del loro latte che cresceva e sotto il suo stesso peso cadeva al suolo. Altri correvano velocemente e il mutamento del colore dei fichi diveniva tangibilmente visibile mostrando chiare striature in un violaceo pieno. Non ricordavo più quando mi sedetti la prima volta, ma la sensazione consapevole che era un tempo lungo si innestò tra i miei pensieri. Giorni a guardare le sue ampie foglie nel loro danzare, nascondendomi e svelandomi al sole cocente dell’estate.
Mi addormentai per qualche giorno.
Poi sentii l’acqua bagnare la mia fronte. Era ora, dissero le prime piogge di settembre. Era ora.
Mi alzai dalla sedia schivando le api che gironzolavano e le formiche che ne fecero casa attratte dal dolce nettare. Salii sul tronco e poggiando la mano sul ramo elastico lo condussi a me per poter raccogliere i frutti più alti. Avevano accolto più sole. Avevano raccolto il loro tempo.
La loro consistenza divenne morbida sotto la pressione delle dita. Una piccola rotazione delicatamente espressa permetteva il distaccamento dal ramo senza romperli. Li adagiavo uno alla volta in un cesto coperto dalle sue ruvide foglie.
Il profumo inebriante e zuccherino.
Ne feci marmellata per ricordare i giorni passati.