Dopo tanti anni, mi ritrovo nuovamente qui per qualche giorno. Non immaginavo di poter rivivere quelle insolite e ammalianti sensazioni spostandomi da un punto all’altro di questa città che ho sempre amato da quando mi accolse.
Il suo colore lo rende facilmente visibile da lunga distanza. Un arancione che emerge dal solito grigiore di Torino. E insieme a lui arriva presto il rumore di ferro su ferro. Le ruote battono sui binari. Lo stridio dei freni. “Sbam”. Le porte che si aprono mentre la scaletta viene giù.
I battenti si chiudono con il solito rumore cigolante. Oblitero il mio biglietto e avanzo verso il centro per cercare posto vicino al finestrino. I tondi sedili di legno, a differenza di quelli in plastica, sono caldi ma allo stesso tempo così duri, da rendere il tratto che mi porta al lavoro poco confortevole, se non fosse per il viaggio nel viaggio.
Mi piace osservare dentro e tutt’intorno al tram. Per un tratto osservo il fiume che percorriamo parallelamente. Lo vedo nella sua intensa e duplice vita. Docile e silente fino all’incontro con il ponte di via Po per poi divenire irrequieto e chiassoso.
In quei pochi minuti, lì seduto, rimango spettatore di un teatro di vita cercando di carpire i pensieri degli attori. Cercando di carpire le vite dei passanti dai loro sguardi, come una pettegola curiosa.
Sono arrivato a destinazione.
É ora di scendere e attendere il prossimo viaggio.