Ci sono modi variegati e complessi per raggiungere ciò che desidero o dove desidero arrivare.
Io adoro saltellare sugli spazi bianchi delle strisce pedonali, zompare come una rana sui sassi per guadare il ruscello, balzare di nuvola in nuvola cercando quelle più morbide e chissà se un giorno non riuscirò a provare le liane come Mowgli.
Ognuno di questi è uno strumento per qualcosa che va oltre il solo gesto di andare al di là. Tutti implicano il viaggio, l’esplorazione, il gioco e la creatività. Tutti portano con se il concetto dell’attraversamento di uno spazio fisico.
Ma esiste uno spazio che non ha spazio, che va oltre la materia, che è apparentemente intangibile e non quantificabile. È l’attraversamento che preferisco, dove rimbalzo sugli spazi rossi e blu del sogno e della logica. Raggiungere empaticamente gli altri, attraversando molecole dell’immateriale, ascoltando i silenzi tra una parola e l’altra, osservando ogni piccola variazione dello sguardo. Sentire in sostanza.
E diviene il viaggio di un viaggio. Una danza sottile tra energie, emozioni e intuizioni che sfuggono ai sensi ordinari. Raggiungere l’altro e al contempo raggiungere me. Andare e venire in un moto continuo, in un duplice ascolto di quelle vibrazioni sottili e legami invisibili.
Poggio la mano sull’invisibile cielo.
Sono qui. Ti sento.
E tu?