Lineadipensiero emozionale
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Feci un passo.
Il primo passo.

Con la mano ancora poggiata sulle assi della porta, tanto da sentirne la ruvidezza del tempo e delle intemperie, semi-immobilizzato dall’imbarazzo che mi saliva fino alle orecchie, dal calore improvviso che mi arrossava le guance come una colpa antica, quel semplice passo sembrò essere rallentato da una forza indistinguibile.

E in quell’attimo, più che entrare nella stanza, ebbi la sensazione che fosse lei a entrare in me.

«Hai tardato.»
La voce non venne da un punto preciso. Era ovunque, eppure dentro di me. Un mormorio caldo, vellutato e avvolgente come un maglione, che scivolava tra le pareti e mi accarezzava la nuca come un soffio di vento antico.

«Ti abbiamo sentito bussare, ma non eri pronto a entrare. Ora sì, forse.»

Le figure davanti a me si rianimarono, una dopo l’altra. Si muovevano come fili tirati da una mano invisibile, e nel loro volto riconobbi frammenti che avevo dimenticato: un sorriso spezzato, un pianto interrotto, la luce breve di un desiderio mai confessato.

«Non temere,» disse la stanza, «non siamo qui per giudicarti. Siamo il peso che non hai saputo posare, la gioia che hai rimandato, la rabbia che hai chiuso a chiave. Noi siamo te, quando ti volti dall’altra parte.»

Le parole si mescolavano al respiro, agli odori familiari, ferro, carta, pioggia e sentii che ogni cosa nella stanza respirava: le tende, le ombre, persino la polvere sospesa. Ogni granello pareva conoscermi, sapere dove ero stato, e dove avevo esitato a tornare.

«Hai bussato piano, come chi teme di disturbare. Ma le emozioni non si disturbano, si attraversano.» Un brivido mi percorse la schiena. La stanza tacque per un istante, poi un sussurro più tenue, quasi un sorriso, sfiorò le mie labbra dall’interno.

«Entra del tutto, ora.
Chiudi la porta.
Abbiamo molto da mostrarti.»

Chiusi la porta.
Il rumore del legno contro il battente suonò come un sigillo.
Dietro di me, il mondo si spense.
Davanti, la stanza prese a respirare.

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Lineadipensiero è un diario iniziato nel 2012 con l’unico scopo di provare a liberare la mia creatività attraverso i testi.  Sono semplici storie di introspezione, fantasia, immaginazione di un vecchio bruto, brutto e barbuto innamorato dell’arte metafisica, astratta e contemporanea.
Mi piace giocare con le parole come fossero dei colori; accostamenti, distonie, armonizzazioni volte a creare un quadro tra la realtà e l’astrazione della stessa