Accoglieresti il mio invito a sederti accanto a me?
Vorrei farti ascoltare qualcosa di nuovo.
Hai mai sentito la voce del vento?
Nel frastuono del quotidiano, sommersi dalla rumorosa modernità, dove la pochezza diventa caos, fermarsi ad ascoltare quella voce che soffia tra i cespugli, che devia gli ostacoli, che ti incontra ed emette note che non pensavi di poter ascoltare, assume un sapore antico, quasi dimenticato.
Ritrovare l’ascolto autentico, fatto di quiete, di profumi di mare e fiori d’estate diventa una sottile melodia del sé, della natura e del mondo invisibile che spesso ignoriamo, per paura o per distrazione. Ma quella voce è sempre stata lì, mentre corriamo e rincorriamo il tempo, stringendo liste di cose da fare tra le dita. Solo carta, che presto stracceremo, per poi tirare via un nuovo foglio dal blocchetto tenuto dalla calamita sul frigorifero.
Siediti accanto a me.
Su una panchina qualunque, in un parco qualunque, in un tempo qualunque. Lasciamo che il mondo vada avanti senza di noi. E lì, tra il cigolio distante di un’altalena, il sibilo dell’erba, il ronzio distratto delle auto… ascoltala. Lascia che ti accarezzi il volto con la delicatezza di un ricordo lontano. Forse vorrà dirti qualcosa. Non in parole, ma in senso. Nella sua pura espressione e coerenza segreta, di chi sa cosa dire e quando dirlo.
E poi… fatti vento.
Sai quante volte ho mancato, solo perché non ero disposto a deviare? Il vento, invece, non forza mai. Si insinua. Piega. Cambia direzione, ma non si ferma. Forse, ho pensato, dovrei imparare da lui.
Ed eccomi qui, pronto ad ascoltarlo. Non perché lui mi cercasse, ma perché io mi sono reso disponibile all’incontro.
Ogni tanto mi troverai qui, su questa panchina, in questo parco, in un tempo diverso.
E se vorrai, potrai sederti accanto a me senza chiedere, senza certezze.
E chissà, forse quel giorno il vento parlerà.
Ho imparato una cosa:
il vento non parla mai per caso.
E nel dì vento, divento.