Al mio rientro in casa passando dal corridoio pensavo che ogni ricordo è una fotografia attaccata con una puntina da disegno sulla bacheca della vita. Tante volte ci passo davanti freneticamente senza rendermi conto di quanto è stato scritto e di quanto ancora scriverò per immagini.
In ogni fotogramma vive l’esistenza di ciò ho vissuto, delle persone che ho incontrato nella vita e di ciò che ho donato o ricevuto.
La casualità diviene causalità.
Ciò che può sembrare solo un fugace istante rimane impresso negli occhi dell’osservatore del bisogno.
E il mio gesto può scrivere un ricordo più o meno bello. Sta a me. Sta alla mia scelta. Sta a me rispondere con amorevole compassione e scoprire la bellezza e la profondità del prendersi cura degli altri.
E quel gesto diviene non solo un atto di generosità, ma un atto di connessione umana.
È nel momento in cui tendo la mano a chi è in difficoltà, nel sorriso che offro a chi è triste, nell’ascolto attento che concedo a chi ha bisogno di conforto, che scopro la mia vera essenza.
Mi rende consapevole delle mie fragilità e delle mie forze, mi spinge a superare i miei egoismi e a coltivare la gratitudine per ciò che ho.
Così, mentre rifletto sul prendermi cura degli altri, torna alla mia mente il potere trasformativo di un semplice gesto di gentilezza. Che sia un sorriso, una parola di conforto o un gesto di solidarietà, ogni atto di amore e di compassione contribuisce a rendere il mondo un luogo migliore, non solo per chi lo riceve, ma anche per chi lo offre.
Ed ebbi cura nello stare accura nel prendermi cura senza aviri a cura nell’elargir la cura senza noncuranza.
E dissi a chi sentiva “abbi cura di te”.
E dissi a chi ascoltava “abbi cura di me”.