Lineadipensiero alla porta
felicemente

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Toc toc… scusi, posso?

La mano trema appena, non per timore, ma per quella vibrazione che accompagna ogni passo verso l’ignoto. Non so esattamente su cosa stiano battendo le mie nocche se sulla porta davanti a me o su quella che porto dentro, a volte nascosta chissà dove, come in un cartone di Monster. Eppure il battito non sembra diverso. Le venature del legno si assomigliano, si assottigliano allo stesso modo e il pomello sempre lucido ha la stessa riflessione.

Non so da quanti anni abito il piano di sotto. L’ascensore porta ancora il cartello “guasto” e dicono che prima o poi lo aggiusteranno. Salire le scale che portano al piano di sopra non è stato difficile. Forse è la parte più semplice, come un gesto innato. Eppure, sul fronte di ogni gradino mi pareva di leggere tante domande e poche risposte. L’ultimo, però, riportava chiaro: “Sei pronto a varcare questa soglia?”

La porta si aprì senza opporre resistenza, come se mi aspettasse da sempre. Bastò l’aria smossa dal mio arrivare per spalancarla. Dentro non c’è rumore, non ci sono applausi né promesse scintillanti. Solo un tavolo con due tazze, il profumo discreto di caffè, una torta appena sfornata, due calici di spritz per un brindisi improvvisato. Due poltrone davanti alla finestra attendono il tramonto. Mi sorprende come alcune cose non abbiano bisogno di farsi grande, ma sappiano vestirsi di piccole cose, di dettagli così minuti da sembrare invisibili.

Entro piano, come si entra in un abbraccio che non si vuole spezzare. Qui c’è una quiete che non pesa, un silenzio che non è vuoto. Accogliere, respirare, sussurrare… forse non serve altro. E allora mi siedo. Non so se resterò un’ora o una vita, ma in questo istante so che non sono più fuori. La casa non chiede nulla se non presenza viva. Qui il nulla è pienezza, e ogni gesto diventa danza lieve, fatta di semplicità.

Ho varcato quella porta infinite volte nella mia vita, ma oggi qualcosa è diverso. Non ci sono più domande sui gradini. La porta rimane sempre aperta.

Perché la felicità non si chiede, si abita.

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Lineadipensiero è un diario iniziato nel 2012 con l’unico scopo di provare a liberare la mia creatività attraverso i testi.  Sono semplici storie di introspezione, fantasia, immaginazione di un vecchio bruto, brutto e barbuto innamorato dell’arte metafisica, astratta e contemporanea.
Mi piace giocare con le parole come fossero dei colori; accostamenti, distonie, armonizzazioni volte a creare un quadro tra la realtà e l’astrazione della stessa