Ogni viaggio, anche il più lungo, inizia sempre con un passo.
Un piccolo gesto, spesso inconsapevole, capace di mettere in moto l’intero universo interiore.
I miei passi, all’inizio sparsi, tracciarono inconsapevolmente una forma misteriosa, che si rivelò solo quando raggiunsi il centro del mio stesso movimento, nel mio lento e profondo moto centripeto.
Ero foglio di carta, finemente piegato come aeroplanino, lanciato con fiducia verso l’ignoto ma non ignaro. Nel tempo concesso, la forma leggera e ordinata, si accartocciò diventando una pallina. Non inutile. Al contrario. Una forma nuova adatta a rotolare per inerzia, esser calciata, lanciata e ripresa, farle fare canestro nel cestino, un centro diverso e un’imprevista traiettoria.
Un giro di scotch ne fissava i margini, consolidando ogni piega, ogni frattura, ogni possibilità di apertura.
A forza di giocare, di osare, di tentare, lancio dopo lancio, qualcosa iniziò a cedere. Non fuori, ma dentro. Il giorno dopo, o forse molto tempo dopo, venne il giorno del nuovo giorno. Iniziai il mio percorso inverso accogliendo ciò che stava germogliando in me. Una nuova forma non perfetta ma autentica. La dimensione ciclica viva e in divenire, si apriva al mondo come una porta socchiusa per troppo tempo. Espandendo le emozioni, permettendo al “non avere paura” di farsi spazio, iniziò ad entrare nuova luce.
Ripercorsi. Ripercossi.
Da centripeto a centrifugo. Il movimento si invertì, come un respiro che cambia direzione. Cominciai a srotolare le mie braccia, le mie gambe, i miei pensieri. Non più raccolto, contratto nel centro di me stesso, ma spinto verso l’esterno dalla forza della consapevolezza.
Lentamente, come un ritorno al gesto originario, il foglio di carta che ero accartocciato, iniziava a distendersi. Non tornava ad essere un aeroplano. Non cercava più il volo. Riassumeva la sua forma primaria. Tornava quella di foglio steso, aperto, vulnerabile. Bianco. Non immacolato, però. Le pieghe del tempo lasciavano traccia, segni che non erano più ferite, ma memoria. Geografia del vissuto.
E in quel bianco imperfetto, iniziava lo spazio per scrivere davvero.
Una nuova storia.