Da ragazzo adoravo collezionare oggetti nella scatola dei ricordi. Lettere, biglietti dei treni, talloncini delle magliette, segnalibri, sottobicchieri di birra, disegni estemporanei… Erano, apparentemente, cianfrusaglie che raccontavano un pezzo di storia. La mia.

Quella scatola, inizialmente piccola e di legno, ben presto fece posto ad una di cartone sicuramente più capiente, man mano che le dimensioni degli oggetti cresceva. Giorno dopo giorno, continuavo ad accumulare, finché la scatola divenne valigia. Ricordo ancora il click delle chiusure e il rumore stridente delle cerniere arrugginite.

Nella maturità del tempo, svuotai quella valigia per riporla in un angolo. La ritenni superflua, mentre nascondevo a me stesso il vero motivo di quel gesto.
Dopo tanti anni la riaprii e capii che era tutto ancora lì. Non avevo buttato nulla, se non la materia dei ricordi che volevo cancellare. Essere sempre un ultimo, l’esser un quattrocchi, le delusioni d’amore, la prematura scomparsa di mia madre, una vita fatta di eccessi, il mio fuggire e il mio vagare.

Oggi, pian piano, la mia mente ricostruisce tutti gli oggetti, ricostruisce i ricordi.
Oggi porto con me, ovunque vado, la valigia della memoria logora, sudicia, stracolma di pensieri ed emozioni.