Ero nulla.
Apparentemente ero nulla.
Un pulviscolo sospeso tra il prima e il dopo, mosso dal vento in spazi indefiniti. Viaggiavo tra molecole e polline, parte di un respiro che non aveva confini, senza luogo, senza direzione, senza bisogno d’altro che d’aria.
Poi caddi.
Io, microgranulo del non so cosa, fui richiamato dal peso invisibile della terra. Il suolo, visto da lassù, mi apparve duro, e seppi che mi sarei fatto male toccandolo in quella vorticosa discesa. Pensai che forse volare senza meta mi avrebbe regalato la fortuna di guardare il mondo nella sua interezza. Ma decisi di lasciare che il vento scegliesse per me.
La pioggia, nei giorni che precedettero la mia caduta, aveva addolcito la scorza del mondo, e le zolle, un tempo chiuse come pugni d’estate, si erano aperte in vene umide, in respiri di fango. Fu in una di quelle fenditure che trovai posto. Non mi serviva molto, solo uno spazio dove non volare più.
Nel tepore della terra cominciai a cambiare.
Le gocce che mi sfioravano erano universi interi a cui attingere per evolvere consapevolmente, e io, piccola particella, ne bevvi ogni segreto. Mi riempii di vita, mi gonfiai di possibilità, e divenni seme.
Ma avevo paura.
Temevo il vento, ancora.
Temevo che una nuova pioggia mi trascinasse lontano, che la terra mi dimenticasse. Fu allora che mi allungai. Braccia e gambe sottili, invisibili, tese a cercare un appiglio. Volevo restare. Volevo appartenere. E così nacquero le mie radici. All’inizio erano solo fili tremanti, poi divennero nodi di un acchiappasogni: intrecci di desideri, vene di ogni passione. Ogni fibra scendeva più a fondo, riconoscendo nella terra la madre, l’eco, il richiamo antico.
E mentre mi ancoravo, sentii che non stavo più resistendo al vento, ma lo stavo comprendendo. Le radici non sono catene. Sono ponti. Sono memoria che affonda per dare forza al germoglio, perché divenga foglia, per ricordargli da dove viene ogni slancio verso la luce. Nel silenzio oscuro del suolo imparai che anche la caduta può essere una forma di nascita.
E fui terra.
E fui cielo.

