Vorrei portarti a vedere il mare.
Non per raccontarti com’è, ma per fartelo sentire.
Vorrei portarti a vedere il silenzio, i colori, le onde… e gli abissi. L’attimo in cui il vento smette di correre e si sente solo il respiro dell’acqua che si armonizza ai nostri.
C’è un mondo conosciuto nelle profondità, lì dove il blu perde la sua luce e diventa più intenso. Un mondo che si è imparato a conoscere con il tempo. Ma sopra c’è un universo. Quello dei cristalli di luce che rimbalzano come schegge impazzite sulla superficie dell’acqua e poi si adagiano dolcemente sulla sabbia, come se tutto fosse stato pensato per accogliere quel momento.
Ti ricordi quando lanciavamo i sassi? Passavamo più tempo alla ricerca del sasso perfetto che a lanciarlo. Era quasi un rito. Cercavamo la forma giusta, la superficie liscia, il peso bilanciato da sentire sul palmo della mano. Non ce lo dicevamo ma sapevamo che quel gesto era un gioco per ottenere un saltello in più nell’acqua, un’emozione in più nel cuore e nei nostri occhi.
Le braccia stanche come il mare. Tutto diventava quieto mentre il cielo si colorava d’arancio, e le voci intorno svanivano come la coda di un eco. Restavamo a fissare la linea di separazione mentre fondeva cielo e mare. Il sole diventava una cartina di ritorno alla realtà, nel suo tagliarsi lentamente, scomparendo come un biscotto bagnato nel latte in slow motion.
I nostri mari sono lontani. Ma le correnti sembrano non definirne davvero la distanza, quando, seduto su una panchina, mi arrivò una barchetta di carta azzurra.
E adesso, dopo tutto questo tempo, capisco cosa cercavo davvero.
Vorrei portarti a vedere il mio mare.
Vorrei portarti a vedere il mio amare.