Quella notte mi dissi che ne vale la pena.
Sempre.
Raccolsi la voglia e il coraggio nei miei passi e mi diressi verso il posto che conoscevo bene. La notte era fitta di nebbia e il fiume scorreva lento sotto il ponte di pietra. Non pescavo per fame, né per diletto. Aspettavo in attesa di una risposta.
Mi sedetti sull’argine. Preparai lentino l’esca. Il lancio fu millimetrico centrando il pensiero esatto in cui il tempo sembrava spezzarsi. Sapevo che lanciando l’amo in quel punto del fiume, alla giusta ora, avrei potuto pescare il mio destino. Nel tempo alcuni trovarono fortuna, altri dolore. Ma tutti trovavano qualcosa.
Quando sentii un improvviso strattone alla lenza, il cuore mi balzò in gola. Tirai con forza, e dall’acqua emerse un oggetto scintillante. Non era un pesce né un rottame, ma una corona d’oro annerita dal tempo. Un brivido percorse la mia schiena. Il fiume non restituiva mai nulla per caso.
“Finalmente,” sussurrò una voce alle mie spalle. Mi voltai di scatto. Un vecchio uomo in abiti erosi dal tempo mi fissava, con i suoi occhi occhi piccoli e un’aura che sapeva di leggenda.
“Tu hai pescato il mio regno,” disse colui che era Re dimenticato. “Ora devi decidere: reclami il regno per te o mi restituisci ciò che è mio?”
Strinsi la corona tra le mani reclamando ciò che l’amo e re mi donarono.
Mentre l’acqua continuava a scorrere, il riflesso della luna scrisse una nuova poesia per le figlie, per chi mi è vicino, per te, per me stesso.
Quella notte mi dissi che ne vale la pena.
Sempre.