E in quel terrazzo da piccolo amavo fare le bolle di sapone. Quale bambino non ama le bolle di sapone?
Il punto è che io ne sono stato affascinato per molto tempo. Oltre la prima infanzia, insomma.
Quella fragilissima forma sferica mi ha sempre incantato. Rimanevo a fissare il colore cangiante e le rifrazioni prismatiche della superficie lucida colpita dal sole. Immergevo la mia bacchetta nel contenitore e, tirata su, iniziavo a soffiare delicatamente, calibrando la giusta quantità di aria per permettere alla bolla di espandersi nell’aria.
Mi dicevo “accura ca scoppia”. E con cura e dedizione con quel soffio la lasciavo librare nell’aria.
E ripetevo. Una, due, tre, infinite bolle che si incontravano e si muovevano senza un senso apparente se non quello della brezza di maestrale che arrivava con il suo profumo di salsedine.
Ogni bolla era diversa. Ogni soffio per crearla era diverso. Ognuna con riflessi diversi. Ognuna con la sua specifica traiettoria. Alcune volavano nel cielo fino a perderle di vista. Altre scoppiavano a mezz’aria, lasciando cadere una lacrima sul pavimento. Altre, cadendo, si adagiavano sul pavimento creando una semisfera. Altre, emulandole, si univano con un’altra semisfera…
Vedete: ogni persona che incontriamo nella nostra vita è diversa.
Non conosciamo esattamente quale percorso ne ha segnato il vissuto. Ma ogni persona merita la nostra meraviglia. E grazie alla cura che impieghiamo ogni persona può continuare a volteggiare nell’aria.
Prendersi cura degli altri, prendersi cura di ogni bolla, va oltre il semplice gesto di assistenza materiale.
Solo riuscendo a meravigliarsi, solo attraverso l’empatica relazione, la bolla di sapone può ancora volare leggera. È un impegno profondo che come il vento abbraccia l’essenza stessa della nostra umanità.
Siate compassionevoli.
Siate empatici.
Siate quel delicato soffio di vento.