La scelta d’acquisto dei nuovi libri era sciocca, ma il più delle volte mi aveva regalato grandi emozioni. Era comandata esclusivamente dalla resa estetica della copertina, forse dovuta a una deformazione professionale o forse perché una bella impaginazione o illustrazione mi catapultava nell’immaginare cosa avrebbe raccontato l’autore.
Quel giorno fui incuriosito da un libro che non riportava neanche il titolo. La sovracopertina plasticosa rossa lucida celava la copertina cartonata ruvida che riportava un grafismo minimale composto da un cerchio e una lineetta orizzontale nera. Un simbolo che poteva sembrare un mix tra un geroglifico e un ideogramma cinese.
Attesi di giungere a casa per scoprire di più. Pagai e andai via.
Raggiunsi il divano sprofondandovi, senza aver staccato le mani da quel libro. Iniziai a sfogliarlo viaggiando oltre il risvolto, accarezzando la carta ruvida perché librasse nell’aria il profumo delle pagine al tocco caldo delle mani. Non trovai tra le prime facciate il consueto occhiello o frontespizio. Solo pagine vuote anche laddove sarebbe dovuto esserci un colophon. La stranezza fece crescere l’emozione di sapere cosa raccontava ma mi resi conto che tutte le pagine erano vuote.
Sembrava essere uno scherzo. Ruotai il libro per scoprire se ci fosse un inconsueto trucchetto. Finché mi resi conto che la copertina riportava la scritta IO.
Iniziai a scrivere il mio libro. iniziai a scrivere la mia vita, il mio IO.